Migrazioni

Puntata 5: La strada per il futuro

GLOSSARIO

Leggendo il testo potresti trovare delle parole che non conosci, troverai la spiegazione cliccando sulla parola a destra della pagina

Il video realizzato dalla classe di Luna ha rasserenato i bambini, che non vedono l’ora di essere trasferiti in un altro posto per iniziare la loro nuova avventura e dove poter stare tranquilli per dedicarsi solo al gioco e alla scuola, cosa che ora non è possibile. Infatti, le giornate all’interno dell’hotspot sono lunghe e faticose. Quasi ogni giorno arrivano persone nuove, stanche e bisognose d’aiuto. Camminando all’interno del centro si sentono silenzi interrotti da pianti e disperate richieste. Gli operatori corrono da una parte all’altra per cercare di fornire cure, acqua e cibo, ma sono pochi e il luogo non è organizzato per ospitare un numero così alto di persone. Ogni arrivo è associato a nuove storie, nuove perdite, nuovi dolori, ma anche nuove speranze. L’hotspot è un vero è proprio punto caldo (questo significa hot spot in inglese), che racchiude al suo interno tutta la disperazione, ma anche tutta la voglia di vivere e di ricominciare di centinaia di persone. 

È a questo che pensa Mega mentre cammina tra la polvere dei percorsi sterrati che collegano le strutture del centro. Insieme a lei c’è Bit. Stanno andando da Rim e Oumar, impegnati a preparare le ultime cose prima di essere trasferiti in un centro di prima accoglienza. Ieri hanno comunicato loro la domanda di asilo, fatta poco dopo il loro arrivo a Lampedusa, è stata finalmente accettata e possono quindi accedere alla fase di prima accoglienza in Italia.

Raggiunti gli amici, si salutano felici. 

«Dicono che andremo in un centro di accoglienza vicino a Bologna» annuncia Rim. 

«E per ora Rim potrà stare con me e la mia mamma» aggiunge Oumar. 

«Ci dispiace che voi rimarrete ancora qui e vi manderanno in un posto diverso» sussurra Rim guardando per terra. Bit sorride e le si avvicina dicendole: «Non ti devi preoccupare, a breve sposteranno anche noi e avremo tutti una vita nuova. Magari un giorno ci rincontreremo e sarà bellissimo». 

Rim alza immediatamente la testa e con forza risponde: «Certo che ci rincontreremo! E sarà bellissimo! Vero Oumar?». Con gli occhi pieni di speranza Oumar conferma con un cenno della testa: «Sì, sarà bellissimo».

Vengono interrotti dalla voce dolce di Aicha, che posando le mani sulle spalle di Rim e Oumar dice loro: «Ragazzi, dobbiamo andare». Lascia che i bambini salutino i loro amici in un abbraccio di gruppo, per poi avvicinarsi a Mega e Bit, stringendoli forte. «Grazie, siete stati preziosi in questo viaggio» dice con le lacrime agli occhi e un enorme sorriso. Accarezza loro le guance e li rassicura: «Andrà tutto bene e sono certa che le nostre strade si incroceranno di nuovo». I due, commossi, non hanno parole: riescono solo a ricambiare la stretta e augurarle buona fortuna. 

Aicha, tenendo per mano Rim e Oumar, si volta e i tre iniziano a muoversi verso la loro nuova casa. I due bambini volgono un ultimo sguardo indietro verso gli amici e li salutano con la mano. 

 

Il viaggio verso Bologna è lungo e Rim e Oumar non vedono l’ora di arrivare. Passano gran parte del tempo a guardare il paesaggio intorno a loro e a ideare giochi da poter fare appena arriveranno. Eccitatissimi, continuano a fare domande ad Aicha: «Ma a Bologna c’è il mare? Ci sono le montagne? Cosa mangeremo? Andremo a scuola? Come faremo a imparare l’italiano? Ci saranno altri bambini nel posto in cui staremo? Si potrà giocare con il pallone?». Aicha sorride e pazientemente risponde a tutte le loro domande, pur non essendo lei stessa certa delle risposte e cercando di non far vedere loro la paura che la accompagna per tutto il percorso. 

Arrivati davanti al cancello dell’edificio che li ospiterà, Rim e Oumar sono un po’ delusi e iniziano a essere assaliti dalla paura. Non si tratta della casa che avevano immaginato, circondata da un giardino con alberi in mezzo ai quali giocano altri bambini. È un palazzo grigio e scuro, attorno al quale c’è solo una colata di cemento e nessuno che corre ridendo. Cominciano a pensare che quello non sarà il posto felice che hanno immaginato. Entrano insicuri stringendosi forte la mano. Le loro paure vengono subito mitigate dalle persone che li salutano e li accolgono: c’è qualcuno che mangia e bambini che giocano col pallone nel cortile interno. Non è l’oasi perfetta che avevano immaginato, ma è quello che volevano: un posto sicuro, fatto di persone con storie simili alla loro, di letti su cui dormire, di acqua e cibo per poter sfamare tutti, di compagni di gioco e di operatori gentili che si prendono cura di loro.

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STERRATI

Strade o sentieri senza asfalto,

come quelle di montagna o di

campagna.

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ASSALITI

Attaccati con forza

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MITIGATE

Diminuite, ridotte

Rimasti nell’hotspot di Lampedusa, Mega e Bit sono chini dietro a un albero. 

Mega, con la faccia schiacciata dentro l’infinizaino, bofonchia qualcosa di incomprensibile: «uuummm mantello uumm mii visibilità».

«Non ti sento. Cosa stai dicendo?» chiede Bit che intanto la fissa, cercando di capire cosa dice. 

«Non trovo il mantello dell’invisibilità» dice nuovamente Mega riemergendo dallo zainetto. «Ah! Lascia provare me!». 

Mega cede l’infinizaino a Bit, che subito ci affonda testa e mani e inizia a cercare, spostando cose e facendo un gran baccano.

«Eccolo! Era sotto l’ombrello magico» esclama, estraendo il mantello come fosse un trofeo. 

«Evviva! Allora siamo pronti per ripartire!». 

«Sì! Vieni!» la invita Bit, sollevando un lembo del mantello che lui si è già messo sopra la testa. Mega si infila sotto e i due iniziano a camminare verso l’ingresso. Passano accanto alla fila lunghissima di persone in attesa di fare la pre-identificazione per accedere all’hotspot e pensano a ciò che li attende, al fatto che probabilmente alcuni di loro non otterranno lo status di rifugiati e saranno costretti a passare del tempo nei centri per il rimpatrio, per poi essere rimandati al luogo da cui sono fuggiti. Quando riescono a uscire dall’hotspot si rifugiano dietro a un muro per togliere il mantello e posarlo nuovamente nell’infinizaino. 

«Ce l’abbiamo fatta!» commenta entusiasta Bit «Ora non ci resta che tornare alla nostra isola». 

«Aspetta Bit! Forse, prima di lasciare Lampedusa, potremmo salutare Luna!». 

«Certo, mi sembra una buona idea» concorda Bit e, schiarendosi la gola, inizia a chiamare: «Bliiing! Abbiamo bisogno di te». 

L’uccellino robotico arriva in men che non si dica a posarsi sulla spalla di Mega: «Bzz che c’è? bzzz». 

«Ciao anche a te Bling! Potresti cercare per noi la nostra amica Luna, la bambina con la ciocca viola tra i capelli che abbiamo incontrato alla base? Vorremmo andare da lei a salutarla prima di tornare». 

«Bzz certo bzz». 

Il robottino scompare per pochi minuti, per poi tornare ad appollaiarsi sulla spalla di Mega. I due alieni stanno in silenzio, guardando Bling e aspettando informazioni da parte sua. Quando è chiaro che non dirà nulla, se non invitata a farlo, Mega le chiede: «Allora Bling, hai trovato Luna?».

«Bzz certo».

«E potresti accompagnarci da lei, per favore?».

L’uccellino si rimette in volo e si gira per indicare a Mega e Bit di seguirla. 

I due seguono Bling attraverso prati e rocce, fino ad arrivare a una spiaggetta su cui una bambina sola sta costruendo un castello di sabbia, gridando «QUESTO SARÀ IL MIO REGNO! IL REGNO DELLA TEMIBILE PIRATA CIUFFOVIOLA!» e sguainando la paletta per la sabbia come fosse una spada. 

«Luna! Luna!» iniziano a chiamarla Mega e Bit correndole incontro. La ragazzina, sentendo il suo nome, si gira sorpresa e riconosce subito gli agenti alieni. 

«Ciaoooo!» li saluta saltando in piedi e correndo verso di loro. «Com’è andata la missione? Avete portato Oumar in un posto sicuro?». 

«Speriamo di sì! Hanno concesso l’asilo politico a Oumar, alla sua mamma e a una sua nuova amica, Rim. Ora sono stati spostati in un centro di accoglienza, dove, se tutto andrà bene, potranno avere una vita diversa e più tranquilla» racconta Mega. 

«Evviva!». 

«Ed è anche merito della tua mamma, tuo e della tua scuola! Abbiamo visto il video che avete fatto, siete stati bravissimi!» dice Bit.

«Lo sapevo che c’eravate voi dietro tutto questo! Che bello!» esclama felice Luna facendo una giravolta. 

«Noi ora dobbiamo tornare sull’isola, ma volevamo salutarti prima di ripartire» le dice Mega. 

«Oh certo, dovete tornare alla vostra base e vedere se ci sono altre comunicazioni da Ghalis» risponde seria e comprensiva Luna. «Però verrò presto a trovarvi in canoa!».

«Certo! Vieni quando vuoi! Ormai sei la nostra infiltrata umana! Però ricorda: nessuno deve venire a conoscenza della nostra identità».

«Ovvio, ormai conosco lo statuto di segretezza di Ghalis» risponde Luna facendo l’occhiolino a Bit che scoppia a ridere. 

Mega e Bit salutano Luna, dicendole che la aspettano presto e tirano fuori dall’infinizaino la barca delle emergenze richiusa su sé stessa. Bit preme il pulsante di apertura e in un secondo ogni pezzetto prende il proprio posto fino a diventare parte della barca. 

I due alieni salgono subito a bordo e gridano al robottino che vola sopra di loro: «BLING! VERSO LA BASE!». 

Guidati dalla fedele amica, i nostri agenti arrivano all’isola, richiudono la barca delle emergenze e iniziano a camminare sulla sabbia per arrivare a casa.

Mega si gira verso Bit: «Sei silenzioso, a cosa pensi?».

«Penso a tutte le persone che sono rimaste all’hotspot e a quelle appena arrivate. Cosa ne sarà di loro? Cosa succederà a chi non verrà mandato in un centro di accoglienza? E a chi non  otterrà il permesso di restare? Lucia ha detto che la situazione nei centri per il rimpatrio è ancora peggiore di quella degli hotspot e che tante persone soffrono. Cosa faranno se verranno rimandate nei Paesi da cui sono partite? Cosa succederà a chi non potrà mai tornare a casa? Cosa si può fare per accogliere persone che scappano da un posto non più sicuro per loro? Deve esserci un modo migliore per farlo. Non lo so Mega, mi fa paura pensare a tutto questo». 

Mega lo guarda assorta: «Lo capisco, anche io ci ho pensato, ma non ho trovato risposte. Sì, fa paura. Non mi pare di aver mai sentito che accada nulla del genere sugli altri pianeti». 

Torna il silenzio, i due amici camminano lenti sulla spiaggia, scaldati dal sole di maggio. Gli unici rumori che si sentono sono il ronzio di Bling che li accompagna svolazzando dietro di loro e quello delle onde che si infrangono sulla battigia.

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CHINI

Piegati verso il basso

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LEMBO

La parte finale di un vestito,

in questo caso del mantello

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INFRANGONO

 Che si spezzano, svaniscono

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BATTIGIA

La parte di spiaggia colpita dalle

onde del mare, lì dove le onde si

infrangono

Attività

Come funziona l’accoglienza dei migranti? Scarica l’infografica per scoprirlo! 

ruota il cellulare in orizzontale per leggere meglio!

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