Iran

Puntata 2

In burrasca

La meta è la casa di Malia, nel quartiere di Teheransar, alla periferia della capitale. Mentre Bit, trasformato in aeroplano, scende dolcemente verso Teheran, il sole sta sorgendo sui palazzi alti. 

È una città grande e moderna. Bit non sa dire perché ma se la immaginava diversa. Certo, ha ormai imparato che la Terra, quel piccolo pianeta che da Ghalis brilla nel buio spaziale di una luce azzurra e verde, ammantato di nubi, sa essere sempre sorprendente. Nel bene e nel male, pensa tristemente, mentre con i suoi superpoteri ghaliani si rende invisibile per poter atterrare indisturbato. Quello che sta accadendo qui in Iran ne è un chiaro esempio: prima di partire ha chiesto a Bling di fare una ricerca approfondita e ha scaricato sul suo software personale tutti i dati. Dall’inizio delle proteste contro la Repubblica islamica di Ali Khamenei – così si chiama la Guida Suprema dell’Iran, la carica politica più importante del Paese, superiore anche al Presidente – sono morti più di 500 manifestanti e ne sono stati arrestati più di 19000. Come è accaduto al papà di Malia. 

120-121…Bit osserva i numeri civici sui palazzi della via. Casa di Malia dovrebbe essere proprio da queste parti. Si sistema il velo sulla fronte: per non destare sospetti si è trasformato in una ragazzina della sua stessa età: così, pensa, sarà più facile avvicinarla. È allora che sente delle voci in farsi alle sue spalle: “Che stai facendo qui tu?”. 

Per fortuna Bit ha preso A +++ all’esame ghaliano di lingue terrestri e capisce perfettamente quello che gli stanno dicendo. Una pattuglia di polizia. Rimane immobile, non sa che fare. Non può trasformarsi davanti ai terrestri, chiaramente, ma teme che possano fargli del male: nelle proteste sono stati feriti anche diversi bambini. 

“Questo velo viola la politica della polizia morale, non lo sai? Dove sono i tuoi genitori?”. 

Si porta d’istinto la mano alla testa, qualche ricciolo scuro è sfuggito alla stoffa. Comincia a tremare. I poliziotti la osservano attentamente, portano delle armi in spalla, hanno un’aria seria, nervosa.

Finché… BUM! Il suono di uno sparo li fa voltare all’improvviso. Si levano alte delle urla. Bit ne approfitta e scivola oltre la prima porta aperta che trova, nell’ingresso in penombra di un palazzo, mentre i suoi due cuori battono all’impazzata.

Cerca lentamente di riprendere fiato, ancora spaventato. È per questo che, quando la domanda lo raggiunge, fa un salto altissimo e si lascia scappare un grido di spavento.

“Hai bisogno di aiuto? Ti stai nascondendo?”

A parlare, nota Bit quando riesce finalmente a riprendere di respirare, è una ragazzina che si sporge dalla porta socchiusa di un appartamento. Ha grandi occhi neri che scrutano tutt’intorno: Bit la riconosce e stenta a credere alla sua fortuna. È proprio Malia! Identica alla foto nel database di Bling. Si è nascosto nel palazzo giusto, dopo tutto. Malia non porta il velo, ora, e i lunghi capelli castani le ricadono disordinati sulle spalle. Ha l’aria stanca e le borse sotto agli occhi, come se non dormisse da parecchio tempo.

“Io… ho perso i miei genitori nelle proteste. Nel trambusto ci siamo separati, e ora non so come ritrovarli. Avevo paura di rimanere sola in strada, è parecchio pericoloso là fuori”, inventa Bit. 

Malia fa un sorriso triste. “Lo so. Come ti chiami?” dice.

“Mahsa” risponde senza pensarci. La ragazzina ha piccolo sussulto di sorpresa, quasi impercettibile. “Mi sono infilata in questo palazzo per evitare la polizia”.

“Lo vuoi un tè caldo?” chiede poi Malia, spalancando la porta di casa.

Due tazze di tè caldo e parecchi biscotti dopo, Bit è aggiornato a dovere sulla situazione. Da quando il padre di Malia è stato arrestato, ormai parecchie settimane prima, la situazione è sempre più tesa a Teheran. La violenza nella repressione delle proteste continua ad aumentare, e ci sono state addirittura persone condannate a morte dal regime proprio per aver manifestato. Condannati senza un vero processo, impiccati per moharebeh, inimicizia contro Dio. 

“Hanno detto così in tv, hai sentito? Io non credo che Dio possa volere una cosa del genere”, ha commentato Malia. 

“Nemmeno io” le ha risposto sicuro Bit, anche se non conosce quel Dio di cui Malia parla, ma ha studiato molto bene cosa sia la religione per gli umani al campo di addestramento ghaliano.

Le proteste sono continuate, ma questa repressione violenta le ha in parte affievolite, e la gente ha paura.

“La mamma è uscita per cercare informazioni e provare a scoprire dove hanno portato papà. Ma ha voluto che io rimanessi qui. Sai, in caso papà tornasse a casa”. Bit può vedere dal suo volto che è parecchio preoccupata, ma cerca di nasconderlo.

“Come fanno le persone a organizzarsi per le proteste, se è proibito?” Malia sgrana gli occhi.

“Non lo sai?” chiede stupita. Bit si prenderebbe a sberle: si è quasi dimenticato la sua copertura, queste sono cose che sicuramente ogni ragazzina iraniana conosce!

“I miei genitori non me lo vogliono dire, preferiscono che certe cose non le sappia”, si giustifica.

“Be’, con il passaparola su internet. Sai, i social, le app di messaggi. Ma è difficile mantenere i contatti, ora che è in atto la censura“. È vero, ricorda Bit: il governo a partire dal 21 settembre a cominciato a bloccare alcune app e social.

“Ma non ci fermeranno, non è vero? Questo è solo l’inizio, protesteremo finché il governo non cambierà”, dice decisa Malia, ricordando alcuni discorsi del papà. 

Bit annuisce, prendendo un altro biscotto. Che tipo di governo è quello iraniano? Accende velocemente il suo software di memoria portatile a onde mentali. Repubblica islamica, governo teocratico, recita il database. Vuole capire meglio questa storia del governo teocratico, che ha sentito nominare diverse volte: che cosa significa? 

Avvia il procedimento indagine e le informazioni gli attraversano veloci la mente: il governo dell’Iran è nato negli anni ’70, dopo una rivoluzione contro il governo dell’epoca della scià Pahlavi. Alcuni Iraniani, guidati da un capo religioso chiamato Ruhollah Khomeini, con la motivazione che il governo aveva posizioni troppo vicine agli interessi dei paesi occidentali e a causa di una forte crisi economica, che aveva reso la popolazione molto povera, si erano ribellati. Avevano cacciato lo Scià e creato un nuovo governo, la Repubblica islamica. Questo nuovo governo aveva a capo una Guida Suprema religiosa, spesso estremista. Ancora oggi, anche se ci sono elezioni nel paese, Ali Khamenei ha un governo autoritario di questo tipo, che vuole controllare i cittadini con l’estremismo religioso e pur di non perdere il potere calpesta i diritti umani.

“Sai”, dice Malia a un tratto, riscuotendolo dalla sua indagine, “che il governo ha detto che non possiamo più portare i cani a spasso?”

“I cani? Perché mai?” 

Malia alza le spalle.

“Hanno detto che sono animali impuri. Ma io questa cosa non l’ho mai sentita dire, in moschea. Secondo me mica è vera”.

È allora che il telefono squilla. Malia corre a rispondere, sperando che siano buone notizie. Ma subito il sorriso leggero le sparisce dalle labbra. 

“No zia, la mamma non c’è”. Bit la guarda annuire spaventata, mormorare qualcosa alla cornetta. “Starà bene, non è vero?”

Quando la chiamata è terminata e Malia si volta, i suoi occhi grandi sono pieni di lacrime.

“Era mia zia, abita a Qom”. Prende un respiro profondo. “Mia cugina, Aisha… sta male”.

“Mi dispiace tanto, cosa le è successo?”

“La zia dice che l’hanno avvelenata. Con dei gas tossici. Che l’hanno avvelenata con tante altre ragazze, mentre era a scuola”. Bit è pietrificato dall’orrore. 

“Chi può aver fatto una cosa del genere? Perché?”

La voce di Malia trema. 

“È una punizione per le studentesse, le donne che hanno partecipato alle proteste. Sono stati degli estremisti, probabilmente, che non vogliono che le ragazze vadano a scuola e imparino. E la cosa peggiore è che il governo è d’accordo, anche se dice di no, e non farà nulla per trovare i colpevoli e punirli. Così ha detto la zia”.

“Ma tua cugina…”

“Sta bene, è fuori pericolo. Ma…” le parole le mancano. Provano a cercare aggiornamenti sul cellulare, ma scoprono che la comunicazione è nuovamente bloccata. Malia prova ripetutamente a chiamare sua madre, ma il telefono continua a squillare a vuoto.

Quasi allo stesso tempo da fuori, anche se attutiti dai vetri della finestra, cominciano a farsi strada delle voci sempre più forti e agitate. Malia e Bit si guardano negli occhi, poi corrono al balcone e si sporgono sulla strada. Poco più in là, davanti alla scuola elementare del quartiere, si è riunito un gruppo di ragazze. “Donna, vita, libertà!” gridano. “Non ci impedirete di imparare”. Il primo è uno slogan che Malia ha già sentito molte volte negli ultimi mesi: è il motto delle proteste per i diritti delle donne. I suoi, quelli della sua nuova amica Mahsa, della mamma, di Aisha, della zia. Di ogni essere umano, pensa. E ora la mamma è là fuori, in mezzo a quella confusione, a cercare di ritrovare papà. Nonostante quello che ha promesso, non ci sono alternative: deve andare a cercarla. Devono uscire là fuori per trovare la mamma, “anche perché non possiamo permettere che facciano quello che vogliono. Questo è il nostro paese, no? E nel nostro paese le bambine non possono morire a scuola”, dice seria a Bit. 

Bit ha un po’ di paura, ma non ci sono alternative in effetti: per aiutare Malia a ritrovare i genitori, completando così la missione, dovrà per forza uscire per le vie di Teheran. Le stesse vie che ora si stanno nuovamente riempiendo di manifestanti, sconvolti e agitati dalle notizie sugli avvelenamenti nelle scuole. 

Prende un respiro e stringe forte la mano di Malia nella sua. Poco dopo sono fuori, e il chiasso colorato e vibrante dei cortei le avvolge, fino a inghiottirle.

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